C’è stato un momento preciso in cui l’assuefazione narco-mediatica alle stragi quotidiane di questi due anni di guerra civile in Siria ha ceduto di schianto, facendo irrompere la violenza del conflitto nelle nostre coscienze come una realtà non più trascurabile. In cui il trafiletto è divenuto titolo maiuscolo. Imperativo.
Monthly Archives: Agosto 2013
Un CAF lungo alla mattina
Sono le 9.30 di un lunedì mattina di fine agosto, provincia di Vicenza. È il primo giorno di riapertura dopo le ferie e la sala d’attesa del CAF Uil è gremita. Una decina di sedie disposte a ferro di cavallo, in un corridoio corto e stretto. Prendo il bigliettino con il mio numero e mi appoggio alla parete, accennando un “Buongiorno” cui risponde un mormorio sconnesso. Continue reading
CIEra una volta la dignità umana
Il 12 Agosto nel CIE di Crotone, in seguito alla morte di uno degli “ospiti”, è scoppiata una rivolta che ha portato alla chiusura “temporanea”, ma a tempo indeterminato del centro. Non è che una delle continue proteste in cui l’esasperazione dei migranti cerca una qualche valvola di sfogo, nella speranza di essere sottratti ad una condizione di detenzione ingiustificata ed indeterminata. Nel nostro curioso Paese, infatti, chi non possiede un certificato amministrativo finisce internato con il solo timbro di un giudice di pace, mentre chi è stato condannato in ben tre gradi di giudizio scivola indisturbato sui parquets della sua villa di lusso e gioca a birilli con il governo nazionale.
Si Banksy chi può!
Non dev’essere un gran periodo questo per Banksy, il geniale artista della street art, capace di creare icone universali, grazie al suo stile ironico ed inconfondibile e forse anche all’alone di mistero che ne circonda l’identità.
Diventato famoso per le sue incursioni all’interno di musei-monumento, dove appendeva di soppiatto proprie opere (quadri in stile ‘700 con dettagli assurdi, come cortigiane fronzolate con la maschera anti-gas), rischia ora di finirci sul serio su quelle pareti lucide, entrando stavolta dal magazzino e con sotto una bella etichetta in grassetto. Da qualche anno, infatti, i suoi graffiti hanno cominciato ad essere rimossi dai muri, dalle vie delle città, per essere messi all’asta a cifre da capogiro. L’ultimo? La ragazza con un fiore, dipinto con la caratteristica tecnica stencil nel 2008 sul muro di una stazione di servizio di Hollywood. Sarà messo all’asta a dicembre a Beverly Hills ad una quotazione che potrebbe superare il milione di dollari. Gli autori del delitto? I proprietari degli edifici in stato di abbandono o dei muri su cui lo spray dell’artista ha fatto solidificare le sue magie, con la motivazione che le superfici coinvolte sono di loro privatissima proprietà.
Gocce di utopia e proiettili di realtà
Ci sono immagini che bruciano. Immagini che sfondano lo schermo dello spazio e del tempo e si infilano come proiettili nella coscienza del mondo, dissolvendo per un istante la sua consueta patina d’indifferenza. Immagini che diventano istantaneamente simboli.
È un ragazzo che cammina contro un carro armato. Completamente disarmato. Un’uniforme troppo sottile: t-shirt chiara su un paio di jeans, guscio di conchiglia contro l’acciaio più sofisticato del mondo. La sua città brucia, la sua gente manifesta per le strade, cercando rifugio dietro barricate improvvisate ad una violenza esplosa d’un tratto, in un pomeriggio d’estate. Molti amici non sono più lì, a condividere la rabbia. Lui procede a passi lenti, verso il blindato, mentre i suoi compagni fuggono spaventati. Forse cerca dentro di sé una forza che non ha, forse respira profondamente o prega quel dio ora troppo lontano, qualunque sia il suo nome.
Spiagge di confine
Spiagge luoghi di confine. Storicamente limbo di transizione tra terra e mare, tra culture differenti, tra genti, sapori e costumi. Oggi nelle spiagge affluiscono però anche altre differenze, forse mai così stridenti: quelle tra ricchi e poveri, tra lusso e miseria.
La disuguaglianza sempre crescente delle nostre società trova uno dei suoi simboli più efficaci proprio nei nostri litorali. Luoghi di vacanza o di lavoro, qui si incontrano stranieri di ogni dove: ragazzi senegalesi vendono borsette finto Made in Italy a giovani russe dai lunghi capelli biondi, marocchini rifilano occhiali a tedeschi in panciolle, donne filippine massaggiano i piedi di grosse austriache addormentate sotto l’ombrellone. Si suda, in spiaggia: è il sudore di chi lavora sodo alla propria aragostea abbronzatura contro quello di chi, carico di borsoni, oggetti, drappi, macina chilometri sulla sabbia rovente, per sopravvivere. Sudano i venditori ambulanti che scappano da guardie manesche, sudano i vigilantes che li rincorrono.
Se i beni culturali diventano mali privati
Annunciando il ritorno dei Bronzi di Riace al museo di Reggio Calabria, il ministro Bray si lancia in un entusiastico encomio della cultura made in Italy, facendo notare che la cultura è l’Italia e che la cultura deve mostrare i nostri valori migliori che sono appunto quelli di saper includere, di saper difendere alcuni valori. La sua convinzione è infatti quella che l’Italia, ricca di tesori d’arte, debba mettere proprio la cultura al centro; e il cambiamento sta nella volontà di affidare alla cultura il compito di mostrare un differente modo di essere dell’Italia rispetto alla valorizzazione del proprio patrimonio.
L’apartheid alla svizzera
Le autorità svizzere hanno emanato un provvedimento restrittivo con cui vietano ai richiedenti asilo di frequentare luoghi pubblici quali cortili scolastici, piscine, biblioteche, parchi giochi o chiese. Una lista di exclusion zones che comprende ben 32 tipologie locali, in quella che pare essere l’ennesima forma di discriminazione contro gli immigrati nel continente “civilizzato”.
Tu vuo fa lu veneziano
Celentano è proprio arrabbiato per questo distillato “assassinio perpetrato alla città di Venezia”. Per sfogarsi sceglie le pagine del Fatto Quotidiano, prendendosela con Zaia, con Paolo Costa e con il vario sindacume che si è alternato sulla poltrona del comune veneziano negli ultimi anni. E ha perfettamente ragione.
Ogni voce critica che si leva contro l’attuale e passata gestione politica della città lagunare ed in particolare contro la follia autodistruttiva delle grandi navi è positiva, e utile. Anche solo perché squarcia per un istante il velo di omertà e di silenzio che circonda il tema, di rilevanza economica troppo strategica per essere apertamente dibattuto. Sono poche parole, niente di nuovo: nella sua perfetta assurdità tutto è già noto, già denunciato. E già ignorato. Ma una sgridata in più certo non guasta.
Il muro marocchino della vergogna
Più di 2.720 km di lunghezza, a circoscrivere una zona militare costellata da bunker, fossati, reticolati di filo spinato e disseminata di mine antiuomo (da uno a due milioni, secondo le stime del Journal of Mine Action). Il campo minato continuo più esteso del mondo, intorno a quello che è il muro più grande del mondo dopo la Muraglia cinese. E probabilmente solo pochi di noi ne hanno mai sentito parlare.