Cronache da Dissenzia

40b5b5295ef1de0f509cd965c10fc45a_XLDissenzia è una città piccola piccola. Le sue fondamenta sono fragili, poggiano su un terreno un poco instabile. Dissenzia è invero una città particolare. Non teme le frane di montagna, né il vibrare furioso della terra, ma vive in un limbo fatto d’onde e salsedine, un limbo che ne é croce e delizia, magica bellezza e sussurrante minaccia. È così bella, Dissenzia…scrigno di silenzi e di semplici riti, conchiglia di un mondo d’altri tempi, e ad ammirarla vengono in molti: spose dagli occhi a mandorla su piedini piccoli piccoli, artisti avvolti in mantelli bohémien, speculatori d’ogni sorta. Chi davanti ai suoi tramonti acidi si innamora, chi nell’aria ferma inizia a detestarsi.

Vengono in molti, in molti, sempre di più. Così tanti che a Dissenzia succede una cosa strana. Come una bottiglia dimenticata sotto il rubinetto, Dissenzia si riempie di nuove persone, e quelle che prima vivevano lì tracimano fuori dai suoi bordi, sotto la pressione del flusso incessante. Sono tristi, le profughe gocce di Dissenzia. Dover dire addio a quell’ampolla dalle morbide forme…Non vorrebbero andarsene, ma…e i ma scorrono sulla punta delle dita in un elenco che si fa così lungo da trasformare le alternative in utopie.

Nel doppiofondo di Dissenzia, come nella fodera di un vecchio cappello, abita da qualche tempo uno stregone malvagio. Le sue armi non tuonano, non roboano, non esplodono, non pesano e non richiedono alte tecnologie per essere trasportate. Sono sottili, leggere, mobili. Passano inosservate di tasca in tasca. I poteri del vecchio sciamano non conoscono limiti: mentre il suo esercito di grandi draghi sputa-diesel circonda la città, egli trasforma con il tocco di Mida ogni casa che incontra in lussuosa reggia, ogni tozzo di pane in lingotto vitreo, ogni ufficio in agenzia. Molti sono gli appelli al re di Dissenzia, che fermi la fattura, che esorcizzi la paura! ma, da bravo re, egli non pensa che al luccichìo del proprio castello e alla sazietà dei suoi molti vassalli. C’è perfino chi mormora che lui e lo stregone si conoscano, siano stati un tempo compagni di simposi, ma del resto a Dissenzia, sull’onda del vino, si mormora molto…

A Dissenzia succede però ancora qualcosa, qualcosa di strano. È una città piccola piccola, con un nemico grande grande, eppure a Dissenzia qualcuno vuol bene davvero e decide di provare a fermare il malefico stregone, in barba all’impavido re. Sono pochi pochi. Pochi davvero. Sono pochi quelli su cui le armi del vecchio fattucchiero non hanno ancora agito, pochi quelli che non esauriscono il proprio entusiasmo nell’ebbrezza delle feste, pochi quelli che dopo tante ore di pala e piccone non si accasciano sfibrati e vuoti davanti alle ombre di una magica lanterna. Si riconoscono, tra pochi, quando si incrociano. Alcuni vestono un po’ strano, rinunciano a cipria e parrucca, altri hanno semplicemente un’aria più stanca ed una luce diversa nello sguardo.

Si formano dei capannelli. I pochi discutono, progettano, rivendicano, sognano. Le parole diventano energie, le energie azioni. Ma più le azioni crescono, più i pochi, inspiegabilmente, iniziano a litigare sul da farsi e sul come farsi. Volano accuse, parole grosse, qualche ceffone, insulti di nuovo conio. Arraffone! Trotzkista! Anarchico! Licantropo! Stalinista! Gandhiano! Caimano! Verticista! Orizzontale! Barbablu! E così quei pochi si dividono, con l’intenzione di non incontrarsi più, ed ognuno di loro, da quel giorno, si dà un nome e cerca da solo le armi più opportune per combattere il vecchio stregone, accusando gli altri di esserne gli occulti apprendisti. Hanno gli stessi slogan. Le loro battaglie sono le stesse battaglie. Lo stesso nemico. Ma i pochi si siedono intorno a fuochi diversi, non si spartiscono le scarse vivande e diventano pochissimi gruppi di pochissimi. Ogni tanto uno di loro esce a fiutare l’aria e, come un cagnolino impaziente, marca con i propri odori il terreno. Ringhiano quei pochi, quando il piccolo terreno, nella città piccola piccola, li fa incontrare. E si mordono la coda.

Ghigna soddisfatto invece il vecchio stregone. Dissenzia è una preda facile facile. Aveva temuto, per un istante, di avere forse un tantino esagerato, di aver preteso troppo, troppo velocemente…in fondo anche i peggiori sortilegi vanno fatti con gradualità, per non spaventare, per abituare le vittime. Insomma, è l’abc della stregoneria! Invece questa volta tutto è andato per il meglio: i pochi che potevano minacciarne l’operato non smettono di segmentarsi convulsamente come trucioli in una segheria impazzita e le giovani donne si fanno belle e sventolano fazzolettini di lino bianco in saluto ai suoi grandi draghi. Quasi troppo facile…In effetti comincia ad annoiarsi un poco, il vecchio stregone. Affondare il coltello nel burro non dà certo lo stesso gusto di addentare una braciola al sangue. Sospira, rammentandosi che ormai è diventato vecchio. È vero che si è sempre pensato eterno, ma…quel fastidioso schricchiolio nelle ossa, quando si piega, comincia un po’ a preoccuparlo. Per fortuna che nessuno dei suoi nemici, intento com’era a guardarsi allo specchio, se n’è ancora accorto!

di Klopf

Immagine ilcarrettinodelleidee.com


No Responses to “Cronache da Dissenzia”