Se i beni culturali diventano mali privati

8438284368_1110b30ffdAnnunciando il ritorno dei Bronzi di Riace al museo di Reggio Calabria, il ministro Bray si lancia in un entusiastico encomio della cultura made in Italy, facendo notare che la cultura è l’Italia e che la cultura deve mostrare i nostri valori migliori che sono appunto quelli di saper includere, di saper difendere alcuni valori. La sua convinzione è infatti quella che l’Italia, ricca di tesori d’arte, debba mettere proprio la cultura al centro; e il cambiamento sta nella volontà di affidare alla cultura il compito di mostrare un differente modo di essere dell’Italia rispetto alla valorizzazione del proprio patrimonio. 

Tutti d’accordo? Ovviamente sì. Ma quale sarebbe questo differente modo di valorizzare il nostro patrimonio culturale? Una ricetta il ministro ce l’ha e la sta portando avanti con parecchia determinazione: privatizzazione. Che nelle sue parole diventa però un concetto più vago, più sfumato, attento a non sollevare polveroni. Non parlerei di sponsorizzazione, ma di privati che credono che investire nella cultura voglia dire preservare e valorizzare un parte di questo patrimonio straordinario che è il nostro Paese per consegnarlo ai nostri figli. 

A quanto pare il ministro è fermamente convinto che il mondo sia pieno di amabili imprenditori che non vedono l’ora di sborsare cifre da capogiro in sponsorizzazioni, pardon, in pie elemosine, per valorizzare a fin di bene il nostro patrimonio culturale, senza ricavarci alcun utile, ovviamente. E così ci ritroviamo per l’ennesima volta di fronte al vecchio dramma tragi-comico in tre atti: taglio drastico dei fondi pubblici che rende impossibile la gestione del bene, coro politichese di indignazioni e lamenti riguardo alla “vergognosa gestione” sugli organi di stampa “indipendenti” e infine arrivo provvidenziale del privato che salva il bene e ci specula sopra, celebrato come eroe nazionale.

Dato che il settore pubblico è del tutto incapace di gestire i beni culturali, dopo aver destinato negli ultimi anni alla loro valorizzazione niente più che le briciole del bilancio statale, oggi l’unica soluzione che ci viene imposta come obbligatoria è quella di svenderli al miglior offerente. Il Colosseo cammina ora in scarpe Tod’s, conquistato da Della Valle in cambio dello sfruttamento del marchio per 15 anni “eventualmente prorogabili”, che sul monumento più foto-cliccato del mondo non sono proprio bruscolini. Che l’abbia fatto per puro amor di patria, nessuno ne dubita, per carità! Il ponte di Rialto invece mostra fiero le sue natiche targate Diesel, grazie all’intervento di Renzo Rosso, il quale a trattativa conclusa commentava pure:  “chapeau a Venezia per la sua efficienza e per la velocità con la quale è stata conclusa questa operazione”. Del resto quando si tratta di svendere, in laguna ci sanno fare!

Eppure nessuno osa parlare di privatizzazione del bene culturale, preferendo mascherarne la sostanza dietro la formula di partecipazione dei privati al patrimonio pubblico. In qualsiasi modo la si chiami, questa prassi non costituisce una soluzione allo stato disastroso dei beni culturali italiani, così come per rimediare ad una parete scrostata nessuno di noi si sognerebbe di vendere la propria casa. Sopratutto nel panorama di impossibilità di effettivo controllo dei siti culturali creata negli ultimi anni dalla massiccia decentralizzazione amministrativa delle competenze. È quindi nostro dovere salvaguardare la proprietà pubblica dei beni artistici, ricorrendo a finanziamenti più corposi e ad una sostanziale razionalizzazione del sistema. Ma siamo in crisi e non ci sono soldi, canta il ritornello. Perché non cominciare, allora, dalla riduzione delle spese militari? In fondo il Colosseo val bene un F-35!

di Klopf

Immagine rometheimperialfora19952010.wordpress.com


No Responses to “Se i beni culturali diventano mali privati”

  • Alessandro Ferretti

    l’attuale ministro è talmente convinto della possibiilità che i privati “donino pecunia” a favore del nostro patrimonio culturale tanto da prevedere che le donazioni fino a 5mila euro potranno essere effettuate in maniera semplificata: senza oneri amministrativi a carico del privato, con la garanzia della destinazione indicata dal donatore e con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego. Mi chiedo in quale parte della luna viva…