Tu vuo fa lu veneziano

Celentano è proprio arrabbiato per questo distillato “assassinio perpetrato alla città di Venezia”. Per sfogarsi sceglie le pagine del Fatto Quotidiano, prendendosela con Zaia, con Paolo Costa e con il vario sindacume che si è alternato sulla poltrona del comune veneziano negli ultimi anni. E ha perfettamente ragione.

Ogni voce critica che si leva contro l’attuale e passata gestione politica della città lagunare ed in particolare contro la follia autodistruttiva delle grandi navi è positiva, e utile. Anche solo perché squarcia per un istante il velo di omertà e di silenzio che circonda il tema, di rilevanza economica troppo strategica per essere apertamente dibattuto. Sono poche parole, niente di nuovo: nella sua perfetta assurdità tutto è già noto, già denunciato. E già ignorato. Ma una sgridata in più certo non guasta.

Eppure c’è qualcosa, nell’intervento di Celentano, che lascia l’amaro in bocca. Sembra ci sia immancabilmente bisogno di un volto patinato per promuovere una causa politica o sociale. E così l’Africa ha il suo Bono, l’Aids ha il suo Bill Gates, il Darfur ha il suo George Clooney, e ora i veneziani hanno Celentano. Pure un molleggiato…sempre fortunata, Venezia. Visibilità nazionale, reazioni, commenti: è sufficiente la sua voce a mettere in moto la macchina della comunicazione, quel pachiderma potentissimo che i movimenti attivi in laguna solo difficilmente riescono a far marciare, se non a livello puramente locale.

Quanto poco contano, sugli scaffali dell’info-mercato, l’esperienza politica, la competenza, l’impegno di una vita a favore di una causa, in confronto alla semplice visibilità personale, acquisita chissà come, chissà dove. Nel regno sovraffollato della polis pubblicitaria è davvero dura farsi ascoltare, senza un megafono. Perlomeno il vecchio Adriano di voce se ne intende.

di Klopf

Immagine hufftingtonpost.it


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