Usa l’Italia

bandiera_italo_americana.8k3vfsh9dk84sc0w8gscs4c8s.1n4kr7rgh18gs08gcg0csw4kg.th«La consueta irritazione provocata dalla presenza delle forze americane in paesi stranieri è stata ampiamente assente in Italia. Rispetto alla maggior parte dei paesi la reazione in Italia è paradossale. Invece di desiderare una riduzione, gli italiani chiedono unità aggiuntive. Ufficialmente la ragione fornita è la crescita dell’instabilità in Medio Oriente, e il pericolo che ciò comporta per la Nato, e la favorevole posizione strategica dell’Italia. Però altri fattori ugualmente importanti dietro questa decisione sono la consapevolezza del rilevante contributo economico apportato dalle forze americane e la sensazione che quanti più soldati americani sono dislocati in Italia, tanto più l’Italia potrà contare sull’assistenza e la protezione degli Stati Uniti». Sono parole di Frank Nash, consigliere e assistente del ministro della Difesa Usa, in seguito ad un’ispezione delle basi militari europee. Siamo nel 1957, ma sono parole che sembrano descrivere una situazione del tutto anomala che continua ininterrotta fino ai nostri giorni.

Quanto estesa è la presenza militare statunitense nel nostro paese? Come si articola? Di che mezzi si serve, di quali e quante armi dispone? Sembra incredibile, ma nella nostra “democrazia” queste domande non trovano risposte precise. Ci sono stime, studi, ipotesi, ma non cifre ufficiali credibili e aggiornate.

Scorrendo le cronache dell’attività militare Usa in Italia c’è una parola che ricorre costantemente: segreto. Segreto l’arrivo a Vicenza nel ’55, che Goffredo Parise raccontava così: La sera del 13 Aprile gli Americani arrivarono quasi senza farsi sentire. Lunghe colonne di camion scesero dal Nord scorrendo silenziose come un fiume lungo le strade alberate, costeggiando bianche ville deserte e ignorate nella notte, aprendosi un varco tra le lucciole. La notte stessa gli americani si chiusero dentro le caserme della ex Gil messe a disposizione dal comune e lì rimasero, invisibili. Segreto l’accordo del ’74 che regolava l’uso della base di Ederle nel vicentino. Segreto, quest’anno, il trasferimento di uomini e armi nel nostro paese, dopo la chiusura delle basi greche e tedesche. Segreto il trasporto notturno di barre nucleari dal deposito del centro Trisaia di Rotondella all’aereoporto militare di Gioia del Colle, un paio di giorni fa. Segreta la spesa di 3,5 miliardi di euro sostenuta dal governo per adeguare la portaerei Cavour al decollo verticale degli F-35, dichiarata ieri dal Min. Mauro e avvenuta senza consultare il Parlamento e prima del vertice internazionale di dicembre sul sistema integrato di difesa europeo.

Negli anni gran parte delle procedure di consolidamento della presenza militare americana in Italia sono avvenute infatti aggirando la ratifica parlamentare, sfruttando l’ambiguità della politica Usa in Europa, sempre giocata su un doppio livello: quello bilaterale con i singoli paesi e quello multilaterale della Nato. Tuttavia oggi, con la Guerra Fredda alle spalle, questa procedura non è più ammissibile e i cittadini hanno il diritto (e il dovere) di chiedere una totale trasparenza.

Come può infatti l’Italia, un paese che per costituzione ripudia la guerra, impedire che le basi concesse in uso agli Stati Uniti non siano usate per scopi che non condivide? In teoria, può. Ma in pratica la situazione è più complessa, dato che ciascuna base può essere usata in maniera indiretta: non appena fuori dai confini italiani, uomini e mezzi non sono più soggetti ad alcun vincolo. Anche all’interno dei nostri confini la pace non è affatto un diritto acquisito, ma un compito per cui continuare a lottare.

di Klopf

Per approfondire:

Intervista a Mauro Bulgarelli, ex deputato verde, promotore di un referendum per smantellare gli armamenti nucleari in suolo italiano e redattore di una proposta di legge per la desecretazione dei documenti di stato.

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Fonte: Limes.it

Immagine eurasia-rivista.org


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