Quella polizia che non ama le donne

Graffiti_donne1C’è un filo rosso che collega le tante proteste popolari degli ultimi mesi. Un filo da scorgere dove non te lo aspetti. È la violenza usata dalla polizia nei confronti delle donne scese in strada per manifestare. Una forma di aggressione che non si limita al vecchio manganello, ma colpisce la donna nella sua parte più intima, attraverso umiliazioni verbali e molestie sessuali. Un fenomeno che si diffonde con la stessa rapidità con cui le donne acquistano spazi ed importanza all’interno delle contestazioni sociali, anche in quei paesi in cui codici religiosi e civili le avevano a lungo tenute lontano dalla politica, lontano dalle lotte.

Un rapporto di Amnesty International denuncia le molestie subite dalle manifestanti egiziane in piazza Tahrir da parte delle forze armate nel gennaio 2013. Quasi scritte in un copione, o studiate a tavolino per fiaccare la partecipazione femminile, le aggressioni paiono seguire sempre la medesima modalità:

Un gruppo di uomini, generalmente tra i 20 e i 30 anni, che si faceva rapidamente sempre più grande, si avvicinava alle donne sole e le separava da amici e colleghi. Circondate dalla folla, le mani toccavano i loro corpi, soprattutto il seno, le parti intime e le natiche, tiravano loro i capelli, le strattonavano da una parte all’altra, e cercavano, a volte riuscendoci, di spogliarle.

Turchia, diverso paese, stesso copione. Hurriyet durante gli scontri di piazza Taksim riportava online la testimonianza di Erkan Yolalan, studente turco arrestato in una sera di scontri:

Dentro il furgone (della polizia) le luci erano spente. Ho sentito la voce di una ragazza che supplicava: «Non ho fatto nulla, signore”, ma loro la picchiavano e lei pareva soffocare. Poi un agente in borghese le ha detto esattamente questo: “Ti sbatto per terra e ti violento, ora». La risposta della ragazza, con un filo di voce, ci ha spezzato il cuore: “Sì, signore».

L’Occidente può guardare sdegnato a queste testimonianze che giungono dai paesi arabi, chiosandole come l’ennesimo esempio della subordinazione femminile nel mondo musulmano. Ma non c’è nulla di più ipocrita di un pensiero di questo tipo ed il nostro paese ne è purtroppo un caso emblematico.

Le violenze alla Diaz e nel carcere lager di Bolzaneto sono ferite troppo fresche perché una sentenza ben troppo indulgente ne rimargini le piaghe. Queste le frasi con cui le donne venivano in quei giorni salutate dalla polizia, prima delle carezze del tonfa:  “Vi facciamo il culo, vi portiamo fuori nel furgone e vi stupriamo”, “entro stasera vi scoperemo tutte”, “siete delle bocchinare, puzzate sporche bastarde”, “Troie, dovete fare pompini a tutti”. Parole che, purtroppo, non erano che l’inizio.

Storie del passato? No, proprio ieri la procura di Torino ha aperto un fascicolo per violenze sessuali contro ignoti, dopo che l’attivista No Tav Marta Camposana ha denunciato pubblicamente di essere stata picchiata e molestata sessualmente dalla polizia durante le contestazioni di Chiomonte. Non ci sono prove, si sussurra. Ma precedenti ce ne sono, e anche parecchi, troppi per non dare loro alcun peso.

È una violenza vigliacca e vile, quella con cui la polizia attacca le donne. Il gusto sadico di farsi forti sulle spalle di chi è più debole. In molti, armati, contro una sola persona, nuda, impaurita, la cui unica “colpa” è quella di essere scesa in piazza per mescolare la propria voce a quella della comunità cui appartiene. È questa l’esibizione di potenza che cerchi, uomo in divisa? Unirti in branco per umiliare un essere indifeso ti dà gusto, ti crea piacere? Allora il nemico che cerchi non è quello che sventola davanti a te una bandiera colorata in un giorno di sole, ma quello che ti ha addestrato gradualmente a rinunciare alla tua umanità.

Non basteranno certo queste intimidazioni a scoraggiare la partecipazione delle donne al cambiamento. Ogni violenza non fa che accrescere la rabbia e aumentare il numero di coloro che chiedono giustizia e sono pronti a lottare per ottenerla. Dove non giungerà la forza fisica, arriverà la loro inscalfibile determinazione.

di Klopf

Per approfondire:

  • http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/landing/2013/8marzo/Violenza_donne_Piazza_Tahrir_Egitto.pdf
  • http://donneinazione.files.wordpress.com/2008/09/bolzaneto-elenco-torturati.pdf
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No Responses to “Quella polizia che non ama le donne”

  • futuribile

    Il Manifesto, “Se la violenza machista è di stato”.

    Lettera aperta a Laura Boldrini e alla ministra Kyenge sul caso di Marta Camposana, attivista No Tav pisana picchiata, «toccata» e insultata da poliziotti venerdì 19 luglio mentre era in stato di fermo all’interno del cantiere.
    di Laura Corradi*, Simonetta Crisci**

    Alla Presidente della Camera Laura Boldrini, alla ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge. Ci rivolgiamo a voi come donne delle istituzioni che hanno mostrato attenzione ai temi della discriminazione, della violenza e del sessismo, e sensibilità alle questioni della giustizia. Marta Camposana è una giovane che ha accolto l’invito del movimento No Tav in Val di Susa e il 19 luglio scorso ha dato voce alla sua protesta. Dal suo racconto apprendiamo che ha subito cariche indiscriminate e violente operate dalla Polizia contro i/le manifestanti, di notte e in mezzo ai boschi; ha respirato lacrimogeni caricati con gas venefici; è stata fermata e picchiata violentemente; e mentre due poliziotti la stavano già portando via un terzo le ha tirato una manganellata in viso rompendole il labbro (sei punti esterni e due interni). Inoltre gli agenti le hanno palpeggiato il seno e l’hanno toccata in mezzo alle gambe. L’hanno insultata e le hanno sputato addosso. «Ho avuto paura di essere stuprata – ci ha dichiarato Marta al telefono – perché gli agenti erano tanti e intorno non vedevo altre persone che potessero sentirmi». Questo non è avvenuto, ma la paura le è rimasta addosso. Più tardi, mentre il labbro le sanguinava, l’incontro con le poliziotte – che inizialmente le ha fatto pensare di essere al sicuro – invece è stato umiliante: una ha sputato nella sua direzione e le ha detto: «Sei una puttana lo sai vero che sei una puttana, ora con quella bocca lì non la fai più la puttana». Frasi da maschi violenti pronunciate da donne che accettano di giocare con il potere dato loro dalla divisa, riproducendo linguaggi da caserma e regole non scritte di dominazione, che sono illegali e illegittime ma profondamente radicate in una cultura machista della forza e della prepotenza, che non ha visto finora tentativi istituzionali mirati allo sradicamento.
    Tali comportamenti sono contro le leggi che tutelano i diritti inviolabili dei cittadini e delle cittadine che sono in custodia del Pubblico Ufficiale che le ferma per identificazione o per arresto. Anche nella caserma di Bolzaneto, a Genova, furono, in particolare, picchiate, offese e umiliate le ragazze fermate e lì condotte per essere identificate e poi arrestate. Sono stati condannati i dirigenti che nell’operazione di Polizia consentirono le violenze, anche se i gradi superiori furono, invece, promossi. Purtroppo in Italia non è stato ancora introdotto il reato di tortura nonostante sia imposto da legislazione internazionale; e gli agenti di Polizia che operano in ordine pubblico a volte violano disposizioni internazionali, come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti, resa esecutiva in Italia dalla Legge n. 848, del 4/08/1955 o la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, esecutiva in Italia con Legge n.489 del 3/11/1988 che proibiscono la tortura e anche i trattamenti inumani e degradanti, come quelli che ha subito Marta. Quante volte abbiamo sentito racconti simili da giovani attiviste, studentesse che hanno partecipato a manifestazioni: dopo le botte i palpeggiamenti – il binomio sesso e violenza è lo stesso che vediamo in azione in modi diversi nella società, nel cinema, persino nelle pubblicità. Marta ha deciso di sporgere denuncia e altre ragazze hanno messo una petizione online per raccogliere firme e dire basta.
    Chiediamo che non succedano più abusi di questo tipo, che ci offendono come donne e ci preoccupano come cittadine di una democrazia. L’art.24 della Legge istitutiva del Corpo della Polizia di Stato – organo civile e non più militare dal 1981 (legge 121 del 1981) – recita così: “La Ps esercita le proprie funzioni al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini… essa tutela l’esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini; essa vigila sull’osservanza delle leggi». È evidente che questo articolo non è molto conosciuto, se anche il Parlamento Europeo, il 12 dicembre 2012, ha votato una risoluzione dal titolo «Strategia dell’Ue in materia di Diritti Umani» dove si denuncia il comportamento estremamente violento della Polizia in alcuni Paesi Ue, durante gli interventi di ordine Pubblico in occasione di manifestazioni di cittadini, affermando: «(Il Parlamento europeo) esprime preoccupazione per il ricorso a una forza sproporzionata da parte della polizia durante eventi pubblici e manifestazioni nell’Ue; invita gli Stati membri a provvedere affinché il controllo giuridico e democratico delle autorità incaricate dell’applicazione della legge e del loro personale sia rafforzato, l’assunzione di responsabilità sia garantita e l’immunità non venga concessa in Europa, in particolare per i casi di uso sproporzionato della forza e di torture o trattamenti inumani o degradanti». Non importa per quale motivo una persona viene arrestata: la sua integrità fisica e psicologica devono essere sempre garantite – e se si tratta di una donna, in alcun modo ella deve diventare vittima di violenze di genere, che siano fisiche o simboliche.
    Chiediamo che nel nostro Paese si cominci a pensare seriamente a forme di contrasto culturale di queste forme di violenza, che siano orientate alla prevenzione primaria, e che includano training delle Forze dell’Ordine al fine di educare al rispetto dei diritti di genere, razza/etnia/cultura, ed orientamento sessuale – dando una formazione adeguata a coloro che vestono una divisa perché possano svolgere il loro lavoro nel pieno rispetto delle leggi. Va cambiata la cultura dominante nelle caserme – dove non devono trovare albergo i soprusi, l’esaltazione per la forza e la violenza, comportamenti sessisti, razzisti ed omofobi. E chiediamo che vengano fatti quei cambiamenti necessari a delegittimare e prevenire tali abusi. Il Movimento avvocati europei democratici di cui fa parte il Legal Team Italia (avvocati/e che intervengono durante le manifestazioni allo scopo di evitare violazioni dei diritti da parte della Ps) ha lanciato una campagna europea per ottenere una legge che disponga il riconoscimento dei poliziotti in situazioni di ordine pubblico, tramite numero o targhetta identificativa, per sollecitare una responsabilizzazione degli agenti e una tutela di coloro che manifestano nelle piazze europee.
    Crediamo che in un Paese come il nostro, dove ogni giorno si parla di violenza contro le donne, femminicidi, reati sessuali, sia importante dare un segnale che le donne delle istituzioni non sono disposte a tollerare comportamenti di molestia e di abuso, particolarmente quando ciò avviene dentro le istituzioni dello stato. Grazie per quello che potrete e vorrete fare.
    * Docente di Studi di Genere e Metodo Intersezionale
    ** Avvocata dell’associazione Donne Diritti e Giustizia